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Testare la cosa giusta: come ridurre i margini d’incertezza sugli investimenti

Per comprendere il nuovo approccio ai dati e ai test che il Business Design promuove dobbiamo partire dallo stravolgimento di un punto di vista molto diffuso: un prodotto non ha successo perché vende, ma vende perché ha successo.

Incontriamo tanti imprenditori, nelle aule in cui facciamo formazione o direttamente in azienda e tanti, che lavorano sia nei mercati B2C che nei mercati B2B, ci presentano lo stesso problema: “Io conosco i miei clienti, analizzo i dati delle vendite e cerco di soddisfare le loro esigenze, in termini di qualità certo ma anche in fatto di prezzo: perché allora il mio prodotto non vende quanto dovrebbe? 

Concentrarsi sui bisogni

Il modo in cui ci viene posta questa domanda nasconde in realtà gran parte del problema. Si parte infatti dal presupposto che il successo si basi sulle vendite e così si finisce per puntare tutta l’attenzione sul prodotto e sui dati relativi alle sue performance sul mercato.

Tuttavia questo approccio, anziché diminuire l’incertezza, l’aumenta. Quando le nuove dinamiche dei mercati, in particolare quelle causate dai processi di disintermediazione tra produttore e consumatore che le nuove tecnologie rendono possibili, mettono in discussione l’intero modello di business, la sola analisi dei volumi di vendita non è in grado di dare informazioni davvero utili.

Molto meglio fanno invece le imprese che abbracciano l’approccio contrario. Sono quelle imprese che mettono il cliente al centro delle loro strategie e concentrano le attività di testing e di raccolta dei dati non sulle performance dei prodotti, ma sui bisogni dei target.

Il fatto è che testare un prodotto quando è già pronto significa muoversi troppo tardi (ne avevamo già parlato in questo articolo). Prima non solo di testarlo, ma addirittura di progettarlo e realizzarlo ci saremmo dovuti chiedere due cose:

    1. Qual è il problema dei miei clienti?
  1. Il mio prodotto o servizio risolve questo problema?

Per rispondere a queste domande è necessario anticipare la fase dei test sino al momento della definizione del problema: solo dopo aver chiarito le caratteristiche del problema avrà senso chiedersi se il prodotto o servizio offerto è più o meno performante delle altre soluzioni sul mercato. E questo non in generale o per le caratteristiche intrinseche del prodotto, ma in funzione del problema reale che i clienti devono risolvere.

La risegmentazione

In sostanza, per ridurre i margini di incertezza è necessario fare due cose.

Prima di tutto è necessario risegmentare il mercato. Anziché concentrarsi solo su cosa e su quanto i clienti acquistano, l’orizzonte deve aprirsi anche all’analisi del perché e del come i clienti acquistano. Se riusciamo a comprendere quali problemi, obiettivi e ambizioni ha il cliente, e a interpretarli per capire quali sono quelli prioritari e quelli che invece restano insoddisfatti, siamo in grado di costruire una mappa che ci indica chiaramente dove fare innovazione.

La risegmentazione non è quindi un esercizio teorico ma un’attività necessaria, che a fronte di un investimento contenuto genera una scientifica diminuzione dei rischi d’errore. Si dice sempre che per essere creativi bisogna pensare “outside of the box”: al contrario, dobbiamo concentrare le energie pensando “in the box”, ovvero ragionando solo su quello che è importante per il cliente.

Gli early adopter

La seconda cosa da fare subito dopo la risegmentazione è effettuare dei test per raccogliere quanti più dati possibile sui nuovi target. Ovviamente non è possibile coinvolgere ogni potenziale cliente: andranno piuttosto selezionati quelli in grado di fornirci i dati più significativi.

Qui entra in gioco una categoria di clienti importantissima per l’azienda: i cosiddetti ‘early adopter’. Gli early adopter sono i primi potenziali utilizzatori dei tuoi prodotti e servizi, coloro che per primi potrebbero riconoscere la tua offerta come la soluzione giusta a un loro problema.

Raggiungerli è fondamentale. Gli early adopter hanno una consapevolezza molto alta delle caratteristiche del problema e sono più recettivi rispetto a un cliente generico. Sono poi informati sulle diverse soluzioni presenti sul mercato e, se coinvolti nel modo giusto, possono fornire informazioni e dati più attendibili a proposito della tua offerta.

Ma per raggiungerli è necessario prima di tutto individuarli e questo è possibile conoscendone le caratteristiche. Steve Blank, imprenditore e docente nelle principali università statunitensi, ne ha individuate 5:

Lavorare su queste caratteristiche consente di costruire attività di testing estremamente mirate e, di conseguenza, permette di raccogliere dati particolarmente significativi su cui basare le proprie strategie: con la consapevolezza che la soluzione migliore non è quella che vende di più, ma che la soluzione che vende di più è quella che meglio delle altre risolve un problema reale e urgente dei clienti.

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Matteo Fusco è fondatore di Beople e docente di Politiche Economiche per le Organizzazioni all’Università Cattolica di Milano. È autore di Business Design per le Pmi e ha curato e revisionato i principali best seller internazionali sul Business Design, trai quali Creare Modelli di Business e Value Proposition Design. La sua missione è aiutare imprenditori e manager a costruire un’innovazione efficiente attraverso processi rapidi, misurabili e replicabili. Puoi seguire Matteo anche su LinkedIn

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