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Nutrire il cervello ma anche e soprattutto metterlo in moto. Facciamolo insieme.

Nutriamo il cervello, alimentiamo la speranza, ma iniziamo soprattutto a trovare soluzioni.

"Ca*** sei di Wuhan?"

È la battuta infelice di Buffon al termine di Milan – Juventus, semifinale di coppa Italia di un mese fa. Sembra passato un secolo ed altri sportivi e personaggi famosi hanno reso la gaffe molto meno drammatica – vedasi il calciatore Diego Costa che appena una settimana fa finge di tossire uscendo dagli spogliatoi e Carla Bruni che l'altro giorno lo ha emulato, dimostrando pari intelligenza.

Però quella battuta oggi assume un significato tristemente emblematico. Al di là di ogni discorso di stile, è il simbolo di un modo di pensare superficiale. Un pensiero per cui le cose non riguardano mai noi.

Prima era un problema della Cina.
Poi della Lombardia e del Veneto.
Poi degli anziani.
Infine, ancora oggi che il conto dei malati e dei morti aumenta di giorno in giorno, di “quelli sfortunati”.
Resta il fatto che la Cina pare esserne uscita e per una sorta di beffardo contrappasso proprio in questi giorni ha mandato in Italia aiuti, consigli e critiche: “Troppa gente in giro. Dovete stare a casa, altrimenti non ne uscite.”

Andrà tutto bene?

Anche io mi dico spesso che andrà tutto bene. E lo dico a mia figlia, anni sei, mattina e sera, quando mi chiede quando finirà tutto e se potrà tornare alle sue giornate fatte di giochi, capricci e normalità.
Ma allo stesso tempo, almeno un paio di volte durante la giornata, mi chiedo se sarà così davvero. Mi sento di dubitare.

Il punto è che non si può rispondere a questa domanda – andrà tutto bene – se non la si scompone in due parti. Vi sono due minacce in questo momento: la prima, quella sicuramente più visibile e urgente, riguarda l’incolumità fisica, la nostra sopravvivenza.

La seconda, che Maslow mette subito un gradino sopra, è la sopravvivenza economica – che impatta a cascata sugli altri gradini della stessa piramide.

Ecco, se pensiamo in termini economici, per quanto possa apparire cinico in questo momento, #andràtuttobene ha lo stesso valore del mantra che molti imprenditori e startup si ripetono più volte al giorno. Sino al momento in cui si devono portare i libri in tribunale e/o mettere la parola fine a quella che sembrava una storia dal successo annunciato.

#andràtuttobene e scenari futuri

In questi giorni sospesi pare abbiamo ritrovato quell’unità nazionale che solitamente mettevamo in campo solo in occasione dei mondiali di calcio. Arcobaleni, bigliettini, pacche virtuali, concerti dal balcone, flashmob. Tutto per ripeterci che andrà tutto bene.
Nella speranza o illusione che finiti i giorni di quarantena previsti, per alcuni il 3 aprile, il mondo tornerà immediatamente quello di prima.
Ma sarà davvero così? Penso che pochi lo credano davvero.

Gli scenari sono confusi ma quasi sempre non rosei.

Da un punto di vista sanitario, oltre la confusione di idee e opinioni, che di suo non fa bene, il rischio più grande è quello che l’emergenza continui, che il caldo non la intacchi più di tanto e che il virus possa ripresentarsi in maniera stagionale almeno per i prossimi anni. Secondo il Guardian, un documento redatto dal Public Health England prevede che andrà così sino alla primavera del 2021, con un’incidenza colossale in termini di contagiati e morti.

Da un punto di vista economico, gli scenari potrebbero essere due ma con diversi gradi di probabilità.

Il primo, ottimistico, è quello per cui il virus venga contenuto nelle prossime settimane, svanisca entro la fine di aprile, e da maggio, giugno, cresca la fiducia e l’economia, seppur provata, inizi a ripartire.

Il secondo, forse più probabile, prevede invece una recessione seria, mondiale e forse mai vista nella storia in quanto intacca contemporaneamente la domanda e l’offerta e, soprattutto, è aggravata da un mondo, un mercato, un modo di usufruire di prodotti e servizi completamente diverso da quanto conosciamo: meno fisico, più incerto, a tratti imprevedibile.

In termini di business cosa accadrà?

Nel primo scenario, quello di una ripresa, la situazione potrebbe normalizzarsi nel giro di un paio di mesi. Ma ciò non è automatico e soprattutto non coinvolgerà tutti gli attori di mercato. Le PMI italiane, ad esempio, non hanno tutte la forza di assorbire questo periodo e i danni di questi mesi non saranno di certo recuperati.

Per fare un esempio banale: se le persone andavano a cenare fuori una volta la settimana, con la ripresa è improbabile lo faranno quattro volte per recuperare. Idem, con diverse sfaccettature, in altri settori.

In termini di liquidità e cassa poi, va ricordato che molte attività, dai professionisti alle PMI, sono orientate verso la crescita – fatturare di più – e poco verso il valore. Questo significa che spesso lavorano con margini ristretti o a volte inesistenti rimanendo in vita più per il denaro che circola che per motivi realmente imprenditoriali.

Nel secondo scenario, quello di una crisi lunga e di un mercato stravolto, anche le imprese con un modello di business efficace verranno risucchiate da complessità e nuove sfide.
Ciò che funzionava ieri non funzionerà necessariamente domani e ciò che escogiteremo per domani potrebbe non funzionare per i giorni avvenire.

Nutrire il cervello ma pensare e ripensare i modelli di business

Non pretendo di avere fornito un quadro limpido della situazione. Vi sono persone più qualificate di me che ne hanno l’onere e con buona probabilità rischieranno ugualmente di sbagliare le previsioni. Ciò sul quale mi sento di riflettere riguarda la realtà che ci circonda, quello che si nasconde insomma dietro i flashmob e gli hashtag ricchi di speranza: la complessità, i problemi reali. La minaccia.

Mentre siamo tutti, giustamente, impegnati a rimanere in vita, è ugualmente importante pensare a come terremo in vita le nostre imprese e come proveremo a farle prosperare.

Sorvolando sugli interventi statali – mi pare ci sia una bozza non accolta benissimo da tutti – è compito nostro, di professionisti e imprenditori, rimboccarci le maniche e metterci al lavoro.

Il primo passo dovrebbe essere quello della consapevolezza. Non ripetere l’errore di calcolo e di sottovalutazione. Non raccontarci storie. Era già dura. Sarà durissima.

British Airways ha avvertito il personale che sta combattendo per la sopravvivenza e si aspetta di tagliare i posti di lavoro e di mettere a terra un numero senza precedenti di aerei, poiché ha affermato che la pandemia di coronavirus ha causato una crisi "peggiore dell'11 settembre" per l'industria aerea.

In un messaggio inviato a oltre 45.000 dipendenti, intitolato "The Survival of British Airways", l’appello è stato: “Please do not underestimate the seriousness of this for our company.”

Messaggi di questo tipo saranno sempre più frequenti, oppure non lo saranno ma vi saranno uguali conseguenze nel nostro paese, e la situazione si rivelerà in tutta la sua drammaticità proprio come ha fatto un virus che sembrava riguardare la Cina, poi la Lombardia e il Veneto, poi gli anziani, poi quelli sfortunati.

Oggi ad esempio, ho incontrato questo post su LinkedIn.

Chiunque oggi fa impresa, e probabilmente anche chi oggi ha un lavoro, deve prenderne consapevolezza e ragionarci su. Almeno un’ora al giorno, almeno lo stesso tempo che spendiamo per dirci che andrà tutto bene o cantare dal balcone.

Che fare di questa pausa forzata? Come prepararsi?

Anche a me che scrivo piace stare a casa e godermi la famiglia. Anche a me piace coltivare le mie passioni, leggere un buon libro, e nutrire il cervello come vedo tanti esperti consigliano per questo periodo di quarantena, o “ozio creativo” come qualcuno dice.
Solo che non è esattamente questo il momento. Non penso sia il momento dell’autocelebrazione della quarantena. Non penso che tutte le case siano calde e accoglienti come quelle postate sui social dai vari personaggi famosi di turno.

Non penso che per un dipendente della British Airways o di una nostra azienda italiana sia facile utilizzare questo tempo per nutrire l’anima o il cervello come qualcuno dice.
Più che nutrire il cervello, è tempo di metterlo in moto.

Qualche spunto pratico

Mettere in moto il cervello, da un punto di vista imprenditoriale, e attinente alla mia formazione, penso debba riguardare un serio ragionamento sul proprio modello di business: il modo in cui un’impresa crea, distribuisce e cattura valore.

Innanzitutto, bisogna comprendere se il problema è preesistente al Coronavirus ed è stato magari esasperato da questo. Se prima già prima facevi fatica a:
1. generare domanda (potenziali clienti)
2. convertire clienti potenziali in clienti effettivi
3. vendere con una marginalità soddisfacente

Forse le criticità erano preesistenti.
Se invece tutto andava a gonfie vele, forse l'evento ha inceppato il meccanismo.

In entrambi i casi si possono fare 3 cose:

1. aspettare che passi e sperare
2. agire a livello tattico andando ad intervenire sulla customer experience e cercando di apportare modifiche al sistema di erogazione superando i vincoli attuali, lavorando sul COME -> Posso remotizzare alcune mie attività e utilizzare la tecnologia per superare i vincoli attuali e garantire una continuità d’azione?
3. agire a livello strategico andando ad intervenire sul COSA -> posso fare qualcosa di più significativo OGGI per i miei clienti i quali hanno cambiato la scala dei loro bisogni?
E sul CHI -> c'è qualcun'altro che può trarre maggiore valore da quello che faccio in questo momento?

Anche se non generi ricavi nell'immediato lavorare a livello strategico è un investimento sul futuro e ti ritroverai col progettare alternative al tuo modello di business, magari innovative e più ottimizzate.

Da qui in poi è utile lavorare focalizzando l’attenzione su come attualizzare la propria Proposta di Valore e di conseguenza modificare canali, partner chiave, attività, ecc. Insomma, ragionare sui vincoli per rivedere tutto il modello di business.

Noi come Beople abbiamo definito un processo minimo (MVP) per arrivare in modo rapido a creare impatti.

1) Comprendere dove ci troviamo (i clienti non sono affatto tutti uguali: quali sono per noi più redditizi e quali più problematici?)
2) Comprendere le motivazioni di acquisto (anziché dividere i clienti su base demografica, individuare i motivi che portano le persone, anche di diversa età ad esempio, ad acquistare i tuoi prodotti e servizi. Quali problemi vogliono risolvere? Quali ostacoli incontrano?)
3) Mappare il processo di acquisto (come le persone entrano in contatto con il tuo prodotto o servizio, come lo acquistano e come ne usufruiscono. Qui ad esempio rientra un’eventuale e probabile remotizzazione – va detto non sempre possibile – della nostra offerta.
4) Sviluppare un piano di azione (definire gli step che ci permetteranno di ottimizzare o creare alternative al nostro modello di business)

Alcune precisazioni e consigli importanti, oggi più che mai, possono essere:

Assicurati di fare la cosa giusta prima di farla bene: in questo momento è importante essere veloci. Essere veloci ci permette non solo di arrivare prima sul mercato ma anche di capire cosa ci può essere di sbagliato e trovare velocemente rimedio.

Ricorda chi è davvero un potenziale cliente: è una persona che ha un problema e sa di averlo, che sta cercando una soluzione, che è disposto a pagare una soluzione.

Passare da “cosa può fare il mio prodotto” a “cosa le persone possono fare con il mio prodotto”. In questo momento comprensione e vicinanza al cliente sono imprescindibili.

Non presumere di avere ragione. Sviluppare sempre alternative. In questo, purtroppo, un celebre libro di Sebastiano Zanolli, Alternative, è stato profetico. Quello che sembra oggi una splendida idea può venire confutato in un attimo. Non ci sono tanti modi per difendersi se non creando alternative, anche in termini di business e modelli di business.

Strumenti e risorse a supporto

Vi sono degli strumenti che aiutano. Uno su tutti, alla base della nostra disciplina e che sicuramente molti conoscono è il Business Model Canvas.
Sul nostro sito abbiamo un corso completamente gratuito che potrà aiutarvi a mappare il vostro modello di business e provare a innovarlo anche in ottica di questa situazione. 

Le letture sono un ottimo supporto in questo momento. Come Beople abbiamo curato l’edizione italiana dei principali titoli relativi al Business Design (Creare modelli di Business, Value Proposition Design, Business Model You, Manuale di Design Thinking, Testare idee di business ecc.)  Da qui potrete anche accedere gratuitamente a schede sintetiche e strumenti collegati ai libri. 

In un momento straordinario, serve fare qualcosa di straordinario

Infine, abbiamo pensato che parlare serva a poco e questo naturalmente vale anche per chi scrive e per Beople. Pensiamo sia il momento di mettere in campo, ciascuno, le proprie competenze e cercare, tutti insieme, di trovare un modo per venirne fuori e prepararsi a un mondo che probabilmente non sarà più lo stesso.
Gli infermieri, tengono in piedi il nostro paese. I medici. I ricercatori. I maestri e le maestre. I poliziotti, i carabinieri. I trasportatori. I riders. I medici. Come Beople abbiamo deciso di prendere posizione e fare la nostra parte. Da oggi e sino a fine emergenza (che speriamo ci sarà presto) cercheremo di offrire le nostre risorse e il nostro tempo in modalità gratuita.
Oltre 10 anni di esperienza nell'innovazione dei modelli di business, strumenti e metodi consolidati e sperimentati con successo con centinaia di PMI. Adesso a disposizione gratuitamente. In un momento straordinario, serve fare qualcosa di straordinario.
Se stai leggendo queste righe e vuoi sfruttare queste giornate per ragionare sul tuo modello di business, scopri come possiamo aiutarti.

Matteo Fusco è fondatore di Beople e docente di Politiche Economiche per le Organizzazioni all’Università Cattolica di Milano. È autore di Business Design per le Pmi e ha curato e revisionato i principali best seller internazionali sul Business Design, trai quali Creare Modelli di Business e Value Proposition Design. La sua missione è aiutare imprenditori e manager a costruire un’innovazione efficiente attraverso processi rapidi, misurabili e replicabili. Puoi seguire Matteo anche su LinkedIn

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